Ohibò!

Il sole ora mai stava calando sulla bella cassetta di legno, del signorino dalle lunge orecchie.
La casa era circondata da un verde prato, dove vi erano varie tipe di piante e fiori dai mille colori, e in mezzo a tutto quello vi era un solo albero, che si ergeva dignitoso, sopra ogni piantina o fiorellino.
Lì era appollaiato un gufo, dal malto bianco e dagli occhi rotondi e gialli, incutevano timore.
Era fermo immobile a fissare il padrone di casa dalla porta aperta, solo un passo in più fuori dalle sue quattro mura, e l'uccello sarebbe piombato su di lui, solo un passo, solamente uno.

Inclino il volto piumato prima da una parte e poi dall'altra.
Era straordinario come quella persona, in minima parte aveva sentito la sua presenza benevola, lo percepì appena in uno sguardo diverso dai soliti.
L'idea di piombarli addosso, come poteva fare un fagiano non, lo deliziava poi così tanto, e si era un uccello volubile.
Apri le grandi ali che riflettevano la luce, diventando di color cobalto, le sbatte ripetutamente e si precipitò dall’albero planando accanto alla porta per due volte, doveva controllare la zona era il suo istinto che le lo imponeva e dopo questa controllata fugace decise alla fine di appoggiarsi alla fredda terra, i suoi grandi occhi gialli fissavano la porta, e non si mosse più da quella posizione resto fermo ad aspettare che qualcosa succedesse.